Dolore al gluteo? Potrebbe essere la sindrome del piriforme.

La sindrome del piriforme è un disordine neuromuscolare che si verifica quando il muscolo piriforme comprime il nervo sciatico. Il muscolo piriforme origina dalla  regione posta a lato del secondo, terzo e quarto foro sacrale anteriore (S2-S4) e si inserisce all’estremità superiore della superficie interna del grande trocantere del femore. Il nervo sciatico e’ il piu’ grande nervo del corpo, e’ formato dai fasci provenienti da L4 a S3, solitamente emerge al di sotto del muscolo piriforme, sono state comunque dimostrate variazioni (figura 1). 

La sindrome del muscolo piriforme è una patologia che provoca un dolore di tipo sciatalgico e di conseguenza il medico/osteopata/fisioterapista dovrebbe escludere altre cause, quali ernia del disco, stenosi lombare etc. prima di iniziare il trattamento.

Cause

La causa (eziologia) della sindrome del muscole piriforme e’ multifattoriale, alcune delle cause piu’ frequenti sono:

  • Restrizione articolare.
  • Trauma diretto.
  • Dismetrie degli arti inferiori.
  • Disfunzioni a carico del piede.
  • Sovrallenamento.
  • Riscaldamento inadeguato
  • Posturale
  • Biomeccanico
  • Core stability inadequata
  • Scarpe.

La sintomatologia colpisce in particolare i soggetti che svolgono attività sportive che richiedono un uso ripetitivo di questo muscolo (corsa, danza, affondi, ect.). Rimanere a lungo seduti, un aumento eccessivo della distanza percorsa, scarpe con supporto inadeguato, terreno, tecnica sono altri fattori da considerare nell’insorgenza di questa patologia.

Diagnosi

Non c’e’ un test definitivo per diagnosticare la sindrome del muscolo piriforme. La diagnosi e’ la somma dei:

  1. Sintomi riportati dal paziente: dolore talvolta accompagnato da parestesie (alterazione della sensibilita’) al tratto lombare, alla regione glutea, zona  posteriore della gamba e coscia, dolore in posizione seduta o accovacciata.
  2. I segni trovati dal medico: no deficit neurologici, dolore alla digitopressione, trigger point con relativa irradiazione.
  3. Test: Freiberg, Pace, SLR con rotatione interna/esterna
  4. Attivita’ svolta dal paziente (corsa, affondi, cestista, etc)
  5. Storia clinica

A volte indagini supplementari, quali elettromiografia o risonanza magnetica, possono essere necessarie per confermare la diagnosi.

Trattamento

Esistono diverse modalita’ di trattamento di questa patologia e variano tra osteopati, fisioterapisti e chiropratici. Il trattamento potrebbe essere una combinazione di:

  • Manipolazioni
  • Dry needling / agopuntura
  • Terapia fisica (ultrasuoni, tecarterapia)
  • Massaggi trasversali profondi
  • Stretching
  • Bendaggio
  • Muscle energy techniques
  • Educazione del paziente
  • Ghiaccio
  • Esercizi per migliorare flessibilita’, riequilibrio muscolare e posturale (alcuni studi hanno dimostrato che la debolezza dei muscoli abduttori dell’anca e’ associata alla Sindrome del Piriforme, Boyajian , 2008; Byrd , 2005;Benzon , 2003;)
  • Miglioramento del gesto atletico
  • Piano di ritorno all’ attivita’ sportiva (deve avvenire in modo graduale)
  • Plantari

Durante il periodo di trattamento può essere utile, nelle ore di sonno, posizionare un cuscino tra le ginocchia allo scopo di favorire il rilassamento del muscolo.

Prevenzione

Effettua il riscaldamento prime dell’attivita’ fisica e aumentare gradualmente l’intensita’ del carico di lavoro.

Effettua lo stretching del muscolo piriforme e degli altri muscoli dell’anca (glutei, rotatori esterni, adduttori, ileopsoas), ischiocrurali,quadricipite, al fine di migliorare l’escursione articolare e l’eventuale dolore.

Rinforza i muscoli estensori, abduttori e esterna rotatori dell’anca al fine di ridurre un eventuale affaticamento del muscolo piriforme. Infatti quando i muscoli primari si affaticano, i muscoli accessori devono compensare e causando una disfunzione degli stessi.

Hints

Dry needling o agopuntura sono state dimostrate efficaci nel trattamento della sindrome del muscolo piriforme.

Ernia del disco, stenosi lombare etc.dovrebbero essere escluse dalla causa dei sintomi prima di iniziare il trattamento.

L’articolazione sacroiliaca (SIJ) dovrebbe essere trattata simultaneamente con il muscolo piriforme. Se l’articolazione (SIJ) e’ in disfunzione, un’osteopata o chiropratico potrebbe effettuare una manipolazione sulla stessa.

Non guidare o sedere per lunghi periodi, evita di tenere il portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni.

Prima di considerare un’intervento chirurgico, visita un’osteopata/fisioterapista/chiropratico o prova il dry needling.

 
Dott. Emanuele Luciani  
Osteopata, fisioterapista, insegnante di hatha yoga
Iscritto all'albo degli osteopati inglesi (GOsC)
(Numero 8232http://www.osteopathy.org.uk/home/)
Visita presso il "Centro Studi Tre Fontane"
Via Luigi Perna 51, Roma (Zona Eur)

 

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"TEXT NECK" LA SINDROME DELL'ERA DIGITALE.

cervicalgia da telefonino

Il peso del capo in posizione eretta si aggira tra i 4,5 e i 5,5 kg, mentre nel momento in cui si protende il collo in avanti e verso il basso il carico sul rachide cervicale può aumentare fino a 27 kg. Con l'avvento degli smartphone, tablet e computer portatili (nonchè un'errata postura a lavoro di fronte al computer fisso) un crescente numero di persone mantiene questa posizione innaturale per molte ore al giorno. In una fase iniziale la sola cosa che si avverte è una maggiore tensione a livello muscolare nella zona alla base della cranio (zona occipitale) e in seguito alle spalle portando infile allo svilupparsi di mal di testa di origine tensiva.

Inoltre a lungo andare questa postura scorretta può portare addirittura ad una perdita della fisiologica lordosi cervicale creatasi durante la crescita proprio con lo scopo di sostenere il peso del capo.

Molti giovani ancora “in fase di sviluppo” trascorrono tante ore con le teste chine su dispositivi elettronici di ogni genere (MP3, Tablet, e-readers,etc etc), totalmente incuranti delle posizioni scorrette che assumono di continuo; tali posture possono essere causa di deformazioni permanenti sul loro ancora giovane rachide. A questo punto è bene ricordare che lo spostamento del capo in avanti porta l’individuo a dovere controbilanciare, per ovvi motivi, il peso della testa  portando il tronco indietro. Tutto ciò può portare a una definitiva accentuazione non fisiologica della naturale cifosi dorsale. 

Tra gli altri disturbi troviamo una rigidità dorsale e del cingolo scapolo omerale e un possibile formicolio ed intorpidimento degli arti superiori. Con il passare degli anni a questi dolori si possono aggiungere altre problematiche di tipo metabolico: difficoltà gastrointestinali e possibili riduzioni della capacità polmonare, entrambe causate da una eccessiva pressione del tratto toracico, che impedisce la normale escursione del muscolo diaframma (struttura molto importante per l’apparato respiratorio ma anche per quello digestivo e ginecologico per via dell'opera di "massaggio" svolta da questo muscolo nella cavità addominale), non dimenticando anche un'insorgenza precoce di artrosi o ernie discali.

 

cervicale osteopatia Roma

 

Prevenzione e trattamento.

Nel mio studio a Roma spiego ogni giorno ai mie pazienti che la prevenzione è la chiave.

  • Postura corretta: posizionare il telefono ad altezza occhi evitando così di piegare la testa verso il basso. Lo stesso vale per tablet e computer portatili. A lavoro o casa posiziona lo schermo del computer ad altezza occhi, utilizzando eventualmente una docking station (come mostrato nella foto in basso)
  • Prendi delle pause dopo lunghi periodi al cellulare o computer e fai degli esercizi di stretching dei muscoli del collo (flessori, estensori e flessori laterali) e del tratto dorsale.
  • Yoga
  • Mantieni uno stile di vita attivo.

Abbinare tecniche osteopatiche alla fisioterapia può essere molto utile per alleviare il dolore ed i fastidi in tempo breve, grazie ad una valutazione globale che ha lo scopo di stabilire se ci siano altri fattori posturali o disfunzioni che possono influenzare ulteriormente la problematica. In seguito alla valutazione si può iniziare il trattamento che in questo caso sarà mirato ad un raggiungimento di un corretto range di movimento tramite decompressione spinale, stiramenti delle fasce cervicali, allungamenti muscolari, manipolazioni  del tratto cervicale, dorsale e del diaframma, sempre in un’ottica di trattamento globale. Questo significa che il trattamento può essere diverso a seconda dei fattori primari evidenziati nella valutazione. 

 

Dott. Emanuele Luciani  
Osteopata, fisioterapista, insegnante di hatha yoga
Iscritto all'albo degli osteopati inglesi (GOsC)
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Strappi muscolari

Uno strappo è una lesione che causa la rottura di alcune fibre che compongono il muscolo. Generalmente e’ causato da un’eccessiva sollecitazione (brusche contrazioni o scatti improvvisi) ed è piuttosto frequente in ambito sportivo (soprattutto negli sport che richiedono un movimento muscolare esplosivo, come ad esempio in atletica, calcio e sollevamento pesi).

Gli strappi muscolari sono spesso causati dallo scarso allenamento, stanchezza muscolare o impreparazione a sostenere lo sforzo (mancato riscaldamento).

Solitamente ne sono colpiti i muscoli bi-articolari (muscoli che attraversano due articolazioni), come ad esempio il retto femorale, muscoli flessori della coscia, tricipite surale. Altre cause Dorsiflessione della caviglia Inoltre limitato, bio-meccanici anomalie al lumbopelvic, coscia o gamba regione, le restrizioni nella colonna vertebrale, squilibrio muscolare può aumentare il rischio di lesioni del tendine del ginocchio.

In relazione al numero di fibre coinvolte (in un muscolo sono presenti diverse migliaia di fibre) gli strappi muscolari si possono classificare usando una scala di gravità composta da tre stadi.

1) Grado 1: sono danneggiate solo poche fibre muscolari (meno del 5%). Il danno è tutto sommato modesto e viene avvertito come un leggero fastidio che si accentua durante la contrazione e l’allungamento muscolare. In caso di lesione di primo grado non si ha quindi un’importante perdita di forza o limitazione del movimento. La guarigione avviene nel giro di 2-3 settimane.

2) Grado 2: la gravità dello strappo aumenta poiché viene coinvolto un maggior numero di fibre. Il dolore, acuto è simile ad una fitta. Il dolore può essere aggravato da ogni tentativo di contrarre il muscolo. La guarigione richiede  3-6 settimane.

3) Grado 3: l’alto numero di fibre coinvolte causa una vera e propria lacerazione del ventre muscolare (completa o semi completa coinvolge comunque almeno 3/4 delle fibre). Tale lesione si avverte alla palpazione come un avvallamento, un vero e proprio scalino che testimonia l’entità della rottura. Può richiedere l’intervento chirurgico. La guarigione può richiedere fino a 3 mesi.

Sintomi

Il soggetto colpito da uno strappo muscolare avverte un dolore acuto nella zona lesionata, tanto più intenso quanto maggiore è il numero di fibre coinvolte. Il dolore avvertito viene spesso rievocato dalla contrazione del muscolo interessato. Se il trauma è particolarmente grave il soggetto si trova nell’impossibilità di muovere la parte interessata ed il muscolo appare rigido e contratto. Edema e gonfiori possono essere rilevati in lesioni di 2 e 3 grado.

La rottura delle fibre muscolari causa uno stravaso ematico più o meno evidente a seconda dell’entità e della localizzazione della lesione. Se nei traumi più lievi il sangue rimane all’interno del muscolo, in quelli più gravi migra in superficie dove si accumula e forma ematomi.

Dopo circa 24 ore si può apprezzare un livido localizzato più in basso rispetto alla sede dello strappo a testimonianza dello stravaso ematico. Può inoltre insorgere una contrattura muscolare “di difesa” grazie alla quale l’organismo cerca di immobilizzare l’area interessata per favorire il recupero ed evitare che la situazione peggiori ulteriormente.

Trattamento

La prima cosa da fare è sospendere immediatamente l’attività sportiva ed immobilizzare la zona colpita. Se nei casi più gravi tale sospensione è d’obbligo in quelli più lievi il soggetto, vista la sopportabilità del dolore, è naturalmente portato a stringere i denti e continuare. In questo modo però aumenta notevolmente il rischio di aggravare la situazione per cui si consiglia di fermarsi il prima possibile anche se il dolore avvertito è di lieve entità. Dopo essersi fermati evitare di caricare l’arto e metterlo in una posizione di riposo (posizione rialzata) .Applicare immediatamente un impacco freddo (borsa del ghiaccio, spray ecc.) sulla zona interessata in modo da ridurre il flusso di sangue ai vasi lesionati (vasocostrizione). Allo stesso tempo evitare qualunque forma di calore (massaggi, pomate, fanghi,ecc.).

Inizialmente saranno preferite contrazioni isometriche per poi inserire man mano esercizi entro la soglia di dolore del paziente, ripetizioni con basse resistenze, etc.

Esercizi di stretching aiuteranno l’allineamento del tessuto cicatriziale e la sua estensibilità, migliorando inoltre l’elasticita’ muscolare.

Esercizi isocinetici sono eccellenti nelle prime fasi di guarigione muscolare, aiutando a rafforzare senza carico completo durante le prime 6/8 settimane.

Gli esercizi con utilizzo delle bande elastiche saranno inseriti gradualmente.

Prevenzione

  • eseguire sempre un riscaldamento generale e specifico della muscolatura
  • assicurarsi di essere nelle condizioni fisiche idonee per sopportare lo sforzo
  • valutare attentamente la praticabilità del terreno di gioco
  • scegliere abbigliamenti adatti, coprirsi per bene nei mesi invernali.
  • eseguire sempre esercizi di allungamento per migliorare l’elasticità e la flessibilità muscolare sia in fase preparatoria che defaticante
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Dott. Emanuele Luciani  
Osteopatafisioterapista, insegnante di hatha yoga
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La periostite tibiale

La periostite tibiale e’ un infiammazione a carico del periostio, la membrana connettivale che avvolge tutte le ossa. Solitamente colpisce atleti che svolgono sport richiedenti un uso eccessivo dei muscoli della gamba (runners, cestisti, calciatori, ballerini, etc.) o sport che richiedono impatti ripetitivi (karate, full-contact).Il paziente solitamente lamenta dolore sul lato frontale o all’ interno della gamba causato da iperaffaticamento dei muscoli. Il dolore si sviluppa solitamente in modo graduale, senza storia di traumi, e può iniziare a manifestarsi dopo la corsa o addirittura dopo aver camminato.

I due tipi di periostite tibiale sono:

  1. Periostite tibiale anteriore: quando il dolore e’ localizzato nella parte frontale della tibia.
  2. Periostite tibiale posteriore: quando il dolore e’ localizzato nella parte interna della gamba lungo la tibia.

Le patologie che presentano un quadro clinico simile alla periostite tibiale sono: la sindrome del compartimento anteriore (una patologia che interessa i pattinatori, ma anche i maratoneti, e provocata dall’incremento della pressione al di sotto della fascia che causa un rallentamento del flusso sanguigno), le fratture da stress e la claudicatio intermittens.

Cause

La principale causa della periostite tibiale e’ traumatica, infatti un eccessiva sollecitazione della muscolatura tibiale o un suo utilizzo improprio puo’ causare microscopiche lacerazioni e il consequente processo flogistico del periostio. Le probabilita’ di infiammazione del periostio aumentano notevolmente se si verificano le seguenti condizioni:

  • Corsa su terreni sconnessi.
  • Dismetria degli arti inferiori.
  • Problemi posturali o deambulatori.
  • Sovrappeso.
  • Eccessivo carico di lavoro senza un adeguato allenamento.
  • Corsa su superfici con fondi troppo dure.
  • Scarpe non idonee o consumate (le scarpe dovrebbero essere cambiate ogni 400/500 Km),
  • Malformazioni del piede (valgo, cavo, piatto).

Diagnosi

Il paziente solitamente lamenta un forte dolore localizzato nel margine mediale della tibia (circa 10 cm sopra la caviglia); spesso diversi cm di tibia sono interessati dal dolore ma in alcuni casi la localizzazione è più specifica.
Nelle fasi iniziali della patologia, il dolore alla tibia scompare dopo aver percorso pochi chilometri, ma in seguito tende a permanere e non è possibile allenarsi. In alcuni casi il dolore può fare la sua comparsa anche quando l’atleta è a riposo.
All’esame obiettivo il soggetto avverte dolore alla pressopalpazione; il dolore inoltre può essere evocato anche dalla flessione plantare delle dita e del piede. Può essere visibile e palpabile anche un certo gonfiore.
L’esame radiografico consente di individuare situazioni anormali a carico del periostio. La scintigrafia ossea dà invece esito negativo e consente di escludere altre patologie come, per esempio, le fratture da stress.

Trattamento

Nella fase iniziale e’ necessario evitare che la periostite si cronicizzi. A questo scopo è consigliabile astenersi dall’attività sportiva per 2/4 settimane.

Fase acuta

Nella fase acuta l’obiettivo principale e’ ridurre/eliminare l’infiammazione. Di conseguenza si consiglia:

  • Riposo e sospensione degli allenamenti nel periodo in cui l’infiammazione e’ acuta.
  • Crioterapia.
  • Somministrazione di antinfiammatori per via orale.
  • Terapie fisiche (solitamente ultrasound).
  • Bendaggio (taping/Ktape)
  • Manipolazioni.
  • Utilizzo di altre scarpe e l’inserimento di eventuali plantari.

Fase post-acuta

  • Reinserire gradualmente corsa e salto
  • Massaggio profondo e stretching
  • Lavoro di forza (isometrico e poi isotonico), soleo, gastrocnemio, tibiale anteriore e posteriore, quadricipite, flessori/estensori e adduttori dell'anca.
  • Vitamina C, E, aminoacidi potrebbero velocizzare la guarigione
  • Potrebbero essere necessarie 6 settimane se la periostite tibiale non risponde al trattamento conservativo, cambiamenti nello stile di vita o un'analisi del cammino dovrebbero essere considerati

 

Dott. Emanuele Luciani  
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L’osteoporosi

L’osteoporosi è una malattia che provoca una riduzione della massa ossea e alterazioni della struttura dell’ osso che diventa poroso e, di conseguenza, più fragile ed esposto a fratture.

Il rischio di incorrere in fratture e’  predetto dal BMD (densita’ minerale ossea). I valori di riferimento della BMD sono dettati dal World Health Organization (WHO) e si basano sul valore del T-score:

  • Normale: T>-1 
  • Osteopenia: T tra -1 e -2.5
  • Osteoporosi: T<-2.5

L’osteoporosi può colpire tutto l’apparato scheletrico. Ma provoca fratture soprattutto  al polso, collo del femore e colonna vertebrale (zona toracica e lombare). Esistono 3 tipi di osteoporosi:

  1. Osteoporosi post-menopausale (che colpisce le donne dopo la menopausa) causata dalla carenza di estrogeni che amplifica le perdite di massa ossea legate all’ eta’.
  2. Osteoporosi senile, che colpisce donne e uomini di eta’ avanzata.
  3. Osteoporosi secondaria, causata da alcuni farmaci (cortisonici, anticoagulanti) o alcune patologie (malattie endocrine, autoimmuni, etc)

Le prime 2 sono considerate forme primitive in quanto si manifestano “in modo indipendente”, da sole, mentre la terza si sviluppa come conseguenza di altre malattie o trattamento con farmaci dannosi per l’osso.  

Cause

La causa dell’osteoporosi idiopatica (ovvero quella non classificabile tra l’osteoporosi senile, post-menopausale o secondaria) e’ ancora poco chiara. Tra i fattori di rischio troviamo:

  • Basso peso corporeo
  • Menopausa prematura
  • Utilizzo di farmaci osteopenizzanti, come cortisonici (es. prednisone, betametasone, metilprednisolone), cortisonici inalatori (es. beclometasone, fluticasone, flunisolide), antiepilettici (fenitoina,barbiturici,acido valproico), eparine, anticoagulanti orali (es.warfarin,acenocumarolo), diuretici dell’ansa (es.furosemide).
  • Immobilizzazione protratta.
  • Eccessivo consumo di alcolici
  • Eta’
  • Sesso femminile
  • Etnia europea o asiatica
  • Iperparatiroidismo
  • Malattie dell’apparato gastro-enterico (celiachia, malassorbimento intestinale, malattie infiammatorie croniche gastro-intestinali)
  • Malattie reumatiche (artrite psoriasica, spondilite anchilosante, artrite reumatoide)
  • Ipogonadismo
  • Ipertiroidismo.
  • Fumo di sigaretta.
  • Anoressia nervosa.
  • Familiarita’
  • Riduzione di altezza
  • Diabete

Diagnosi 

Solitamente l’osteoporosi e’ asintomatica. Le prime manifestazioni compaiono con le fratture, che possono avvenire anche al minimo evento traumatico, causando dolore alla schiena o al bacino. Le fratture possono portare a ipercifosi dorsale e iperlordosi cervicale.

 

La Densitometria ossea valutata con tecnica DXA (dual xray absorbiometry) è da considerarsi la tecnica di elezione nella valutazione della massa ossea. I siti piu’ frequentemente misurati sono la colonna lombare, il femore prossimale e il radio. Dopo i 65 anni per l’interferenza di osteofiti vertebrali, addensamenti artrosici, calcificazioni extra-scheletriche o fratture vertebrali, l’accuratezza della valutazione lombare e’ minata. Per queste ragioni la valutazione della densità femorale può essere preferibile dopo questa età.

Altri tecniche che vengono comunemente utilizzate sono la tomogragia computerizzata quantitativa (QCT) e l’indagine ultrasonografica. Le normali radiografie, utilizzate per scoprire la presenza di fratture, non portano ad una diagnosi certa della malattia. 

Trattamento

Prevenzione.

La prevenzione consiste nelle misure tese ad impedire o rallentare la perdita di massa ossea. Si consiglia di conseguenza di seguire un programma di attivita’ fisica, una supplementazione di calcio (500-1000mg/die) e di vitamina D (400 U/die). 

Modifiche dello stile di vita e correzione dei fattori di rischio.

  • Smettere di fumare
  • Ridurre l’uso alcolico
  • Evitare la sedentarieta’

Farmaci 

Il trattamento dell’osteoporosi si avvale prevalentemente di farmaci cosiddetti “anti-riassorbitivi”, in quanto agiscono diminuendo o bloccando l’erosione dell’osso mediata dagli osteoclasti e con questo meccanismo sono in grado di ridurre considerevolmente le fratture patologiche, tra i piu utilizzati troviamo il Denosumab e Alendronato. Le terapie ormonali hanno il vantaggio di ridurre le fratture vertebrali, ma come effetto collaterale si riscontra un aumento dell’incidenza di ictus, tumori e malattie cardiache.

Fisioterapia  Il trattamento riabilitativo ha lo scopo di migliorare il trofismo dell’osso, ridurre la frequenza e la gravità delle cadute potenzialmente pericolose. Il fisioterapista prescrivera’ determinati esercizi che devono essere adeguati alle capacita’ del paziente, usera’ tecniche gentili per alleviare il dolore ed educhera’ il paziente in merito ai rischi domestici e come evitarli.

 

Dott. Emanuele Luciani  
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